lunedì 14 novembre 2011

«La ricchezza non consiste nell'avere di più, ma nell'aver bisogno di meno» così afferma il grande architetto Paolo Soleri


Paolo Soleri, torinese, è uno dei più grandi interpreti dell’utopia urbana. Un profeta verde che ha creato un’ipotesi di alternativa sostenibile alla città diffusa, basata sulla sua teoria dell’Arcologia, disciplina che unisce architettura ed ecologia. L’utopia della sua città ideale è diventata realtà su un altopiano desertico dell’Arizona, tra Phoenix e il Grand Canyon. È qui che, dal 1970, sta costruendo Arcosanti, con un’organizzazione urbana fortemente concentrata e stratificata (in controtendenza con le città moderne che puntano sullo sfruttamento estensivo del territorio), mirata a preservare l’habitat naturale, a ridurre le risorse energetiche e a limitare la propensione delle persone all’isolamento.

Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione ai temi della sostenibilità. Le sue teorie di un’architettura ecologica nascono invece 50 anni fa. Cosa rappresentano oggi per lei?
Probabilmente è un concetto diverso dal termine attualmente di moda che dovrebbe influenzare i nostri modi d’essere e di comportarci. L’attenzione alla sostenibilità ambientale è interna al fenomeno della vita stessa, non è una cosa nuova, è antichissima... Ma, data la nostra abilità e volontà nel cambiare l’ambiente, siamo arrivati oggi a un momento di crisi, dove questa trasformazione è diventata rapidissima e in molti casi traumatica. E non sappiamo ancora che cosa succederà in futuro. La mia posizione, rispetto a questo problema ormai planetario, è quella di ridurre le nostre domande, le nostre pretese, i nostri interventi distruttivi sulla natura, la nostra voglia di iperconsumismo. Perché penso che la ricchezza consista non nell’avere di più, ma nell’aver bisogno di meno. Soprattutto in questo Paese, l’America, la marea materialista raggiungerà tali livelli da scontrarsi con la realtà, la “terra ferma”, provocando un collasso.

Arcosanti può essere considerato un modello di città possibile?
Innanzitutto non è una città, ma il principio di un paesino, un fenomeno modesto dunque: ci vivono un’ottantina di persone più i tanti studenti, ricercatori e volontari che collaborano alla costruzione di altri edifici. Negli anni hanno lavorato al progetto più di 5.000 volontari. Fin dall’inizio, l’obiettivo principale era creare un’alternativa al consumismo della società, e dopo tanti anni è ancora così. Il tentativo, da parte mia, è cercare, in modo semplice, attraverso la pratica del costruire, di generare condizioni capaci di comunicare in particolare un concetto: che la bellezza e il valore della vita non vengono dal possedere o dal fare acquisti in uno shopping center. Oggi il piacere di comprare è diventato più grande del piacere di usare. Per intendersi, non è che io dico listen - ascoltami - tu fai ciò che ti dico perché la salvezza è qui… forget it! (scordatelo!). Il titolo della mia ricerca e del mio lavoro è “what if” (cosa succederebbe se), cioè che cosa possiamo fare se cambiamo le nostre abitudini, le nostre pretese. Non cerco di produrre verità, ma ipotesi che possano aiutare.

Come sarà la città del futuro?
Il problema è che le città del nostro tempo trasformano radicalmente il territorio, producono enormi quantità di rifiuti e consumano tempo ed energia trasportando beni e servizi là dove avviene l’espansione. La mia proposta è perciò non un’esplosione ma un’implosione urbana. Una città compatta. L’Arcologia è in grado, almeno in teoria, di fornire risposte positive a molti problemi legati all’inurbamento, quali la crescita della popolazione, l’inquinamento, il consumo di energia e di risorse naturali, la scarsità di cibo, la qualità della vita.

Alla costruzione di Arcosanti hanno preso parte anche alcuni dei partecipanti ai suoi workshop; molti hanno scelto di viverci e la considerano un riferimento, un maestro. Che cosa ha loro insegnato?
Gli architetti d’oggi, in generale, vogliono dimostrare sempre la loro grandezza, un buon architetto tende a produrre quella che io chiamo “orchidea”, la struttura più bella che si possa pensare. Ma siccome adesso siamo circa 6/7 miliardi di persone in cerca di un tetto, produrre miliardi di “orchidee” non ha senso. Dobbiamo creare ciò di cui la società ha bisogno, non quello di cui l’individuo crede di avere necessità. Ecco il mio insegnamento.

Si è dedicato a questo progetto per mezzo secolo, realizzando il suo sogno americano. Ma Arcosanti sarà mai completata?
...forget it!

2 commenti:

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